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La storia di BMW M. I 40 anni della BMW M GmbH
Fri Jun 01 17:53:00 CEST 2012 Press Kit
“Un’azienda è come un essere umano. Finché è sportiva, in ottima forma, ben addestrata, piena di entusiasmo e performante”. Queste erano le parole pronunciate nel lontano 1972 da Robert A. Lutz, Membro del Consiglio di Amministrazione di BMW AG per le Vendite. Erano le parole usate per battezzare la più giovane sussidiaria di BMW di allora, la BMW Motorsport GmbH. Oggi l’azienda si chiama BMW M GmbH, ma è in forma, ben addestrata, piena di entusiasmo e performante quanto lo era 40 anni fa
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“Un’azienda è come un essere umano. Finché è sportiva, in ottima
forma, ben addestrata, piena di entusiasmo e performante”. Queste
erano le parole pronunciate nel lontano 1972 da Robert A. Lutz, Membro
del Consiglio di Amministrazione di BMW AG per le Vendite. Erano le
parole usate per battezzare la più giovane sussidiaria di BMW di
allora, la BMW Motorsport GmbH. Oggi l’azienda si chiama BMW M GmbH,
ma è in forma, ben addestrata, piena di entusiasmo e performante
quanto lo era 40 anni fa.
I primi Anni Settanta videro l’inizio di una nuova epoca per
BMW: un nuovo e giovane Consiglio di Amministrazione sotto la guida di
Eberhard von Kuenheim si era proposto di rafforzare strategicamente
l’azienda e di perseguire il suo duraturo successo. Questo implicò la
costruzione di un nuovo headquarter – il leggendario edificio
conosciuto come BMW Quattro Cilindri – nonché la costituzione di una
propria Divisione Sportiva all’interno della stessa BMW. Citando
ancora Robert A. Lutz: “Con lo sport che continua ad essere una forza
motrice per BMW, anche se l’azienda si sviluppava dinamicamente nel
mondo delle attività commerciali, è diventato ovvio a questo punto che
dovremmo concentrare e consolidare le nostre attività nello sport motoristico”.
Infatti, la domanda e le opportunità non ancora sfruttate
superavano di gran lunga i potenziali e le capacità dell’ex Reparto
Sportivo. La BMW 1800 TI e la 2000 TI, nonché l’intera Serie 02, erano
le auto da competizione più popolari e vincevano una gara dopo
l’altra. Ma la stessa BMW era in grado di soddisfare soltanto una
piccola parte della domanda globale, essendo la maggior parte delle
automobili preparata, attrezzata e venduta da aziende specializzate.
Dalla metà degli Anni Sessanta, BMW partecipava anche alla Formula 2
e, negli anni successivi, difficilmente una qualsiasi scuderia è stata
in grado di partecipare a questa Formula con successo senza i potenti
motori BMW. Innumerevoli vittorie e Campionati Europei conquistati da
BMW dominavano la scena.
1972: Un team con grande esperienza di gare automobilistiche
fonda BMW Motorsport GmbH
BMW Motorsport GmbH venne fondata il 1° maggio 1972 per affrontare
queste sfide. Il General Manager di questo team di specialisti,
originariamente composto da 35 dipendenti, era Jochen Neerpasch, ex
pilota ufficiale Porsche e Direttore di Gara di Ford a Colonia prima
di spostarsi a Monaco.
Egli attirò immediatamente un intero gruppo di piloti destinati
a lasciare una loro impronta in BMW Motorsport per i successivi
decenni: Chris Amon, Toine Hezemans, Hans-Joachim Stuck e Dieter
Quester. Björn Waldegaard e Achim Warmbold vennero assunti
dall’azienda come piloti da rally.
La nuova azienda fu in grado di trasferirsi in una propria sede
soltanto dopo qualche mese, con le officine di preparazione e quelle
della produzione dei motori, macchine utensili e dinamometri motori
tutte installate nelle immediate vicinanze dello stabilimento BMW di
Monaco in un sito di oltre 8 mila metri quadrati in Preussenstrasse.
Fu qui che videro la luce le auto sportive per il 1973: una 2002 da
950 chili spinta da un motore due litri quattro cilindri e quattro
valvole per le gare di rally, con una potenza massima di 240 CV,
nonché un nuovo touring coupé descritto in un primo momento da Jochen
Neerpasch con parole molto chiare: “Dal momento che il 1973 è stato il
nostro anno di partenza, non ci aspettavamo di vincere subito quel
Campionato Europeo”. La denominazione della nuova vettura fu 3.0 CSL.
Le portiere e i cofani erano realizzati in alluminio, il cambio a
cinque velocità presentava un alloggiamento in magnesio. Il peso
complessivo era di 1.092 kg. Ma il vero punto di forza si trovava
sotto il cofano, un sei cilindri in linea da 3.340 cc con 12 valvole,
iniezione diretta di carburante ed un rapporto di compressione di
11:1. La potenza massima era di 360 CV. Questo fu l’ultimo motore a
due valvole per cilindro realizzato da BMW per le gare.
La filosofia tradizionale di BMW: concentrarsi sull’essere umano
BMW Motorsport GmbH iniziò la stagione 1973 perfettamente preparata,
non solo in termini tecnici. Anche i piloti erano in ottima forma, con
Jochen Neerpasch che portò l’intera squadra di piloti ad una stagione
di “messa a punto” a St. Moritz. Qui, in questo paradiso svizzero per
sciatori, l’intero team ricevette il tocco finale da un istruttore
sportivo e da uno psicologo dello sport. Anche allora, nei primissimi
anni, BMW dava la massima importanza all’ottimizzazione
dell’interfaccia uomo/macchina. All’epoca ci furono anche progetti
per corsi simili da offrire ai “non professionisti”. Fin dal 1997,
questi corsi sono stati chiamati BMW Driver Training.
Questa fu la squadra che BMW Motorsport GmbH portò in pista
nella stagione 1973. E non fu soltanto la 3.0 CSL coupé a riempire i
titoli dei giornali fin dall’inizio: per la prima volta, un team
completo da competizione, dal veicolo che trasportava le vetture alla
targhetta delle chiavi, sfoggiava lo stesso design.
Questo design era costituito da tre strisce di colore, blue,
viola e rosso, su fondo bianco “brillante” che hanno caratterizzato
l’aspetto di BMW Motorsport fino ad oggi.
Le coupé CSL con questi colori, presto riconosciute da tutti gli
addetti dello sport motoristico, erano imbattibili. Hans-Joachim Stuck
e Chris Amon portarono a casa il Touring Car Grand Prix al Nürburbring
già alla loro prima uscita. BMW fu vincitrice assoluta della categoria
turismo nella 24 Ore di Le Mans.
L’auto touring di maggiore successo della sua epoca: la BMW
3.0 CSL
La 3.0 CSL dream coupé, nella sua spettacolare livrea da gara,
divenne di conseguenza la touring car di maggiore successo del
momento, vincendo il Campionato Europeo sei volte tra il 1973 ed il
1979 e dominando la scena internazionale delle touring car per quasi
un decennio. La BMW 3.0 CSL era pionieristica non soltanto per il suo
design colorato, ma anche per tutta una serie di significative
innovazioni tecniche: innanzitutto, dal 1973 era spinta dal primo
motore BMW di sempre con sei cilindri e quattro valvole per cilindro.
In secondo luogo, dal 1974 presentava un sistema prototipo di frenata
antibloccaggio, molto prima che questa innovazione diventasse
tecnologia standard sulla BMW Serie 7. E alla fine della sua carriera,
con la configurazione di coupé turbo, la 3.0 CSL sviluppava una
potenza massima che arrivava a 800 CV. Nel 1976, BMW Motorsport GmbH
mandò in pista la più potente auto touring di BMW con Ronnie Peterson
al volante; questa eccezionale versione della CSL montava un
propulsore biturbo da 3,2 litri con una potenza volutamente ridotta a
750 CV.
La BMW Motorsport GmbH mantenne il suo processo di sviluppo, già
collaudato, anche nella Formula 2: cinquanta motori BMW due litri
quattro valvole andarono alla scuderia March, che poi vinse 11 delle
16 gare disputate. Nel 1973, Jean Pierre Jarier, a bordo di una
monoposto spinta da un motore BMW, portò a casa il Campionato Europeo
di Formula 2 al volante della sua March e questo motore dominò
regolarmente per quasi dieci anni la categoria due litri, con Patrick
Depailler (1974), Bruno Giacomelli (1978), Marc Surer (1979) e Corrado
Fabi (1982) vincitori del titolo europeo con le loro monoposto
BMW-March di Formula 2. Altri team furono altrettanto “elettrizzati”
da questo due litri quattro cilindri costruito in oltre 500 esemplari,
la gran parte dei quali sviluppava più di 300 CV.
Nel 1975, BMW Motorsport spostò l’attenzione sull’altra parte
dell’Atlantico: ora l’azienda puntò alla Serie US IMSA, cercando al
contempo di far conoscere la sigla “BMW” ad un mercato statunitense
più vasto. Quando arrivò la fine dell’anno, il numero di cittadini
statunitensi che conoscevano l’acronimo di BMW “Bavarian Motor Works”
era cresciuto decisamente – e questo non rappresentò una sorpresa,
poiché BMW vinse la categoria costruttori nel Campionato IMSA.
1976: la “scuola di piloti” diventa BMW Driver Training
Il 3 febbraio 1976, il Consiglio di Amministrazione di BMW decise di
affidare a BMW Motorsport GmbH un altro compito: professionalizzare
un’attività ancora conosciuta all’epoca come “scuola dei piloti”. Il
compito originale affidato alla dirigenza dell’azienda era di
organizzare 15 corsi all’anno con 20 partecipanti ciascuno presso le
strutture di prova di BMW, nonché cinque ulteriori corsi con 100
partecipanti ciascuno su circuiti di gara – il tutto per un totale di
800 partecipanti all’anno. “Come azienda responsabile, per BMW nel suo
insieme, di tutte le attività di sport motoristico, BMW Motorsport
GmbH desidera aiutare il pilota durante la sua performance come parte
del sistema uomo/macchina”. Questa era l’affermazione chiave nella
prima pubblicazione del BMW Driver Training, affermazione che rimane
valida a tutt’oggi.
Fin dall’inizio, una delle caratteristiche principali del BMW
Driver Training era di fornire le vetture ai partecipanti; e questa
filosofia non è cambiata fino ad oggi. Ciò significa che tutti i
partecipanti hanno a disposizione le stesse vetture, in termini
tecnici, e non devono preoccuparsi del consumo degli pneumatici e
delle proprie autovetture. Per mettere in pratica questa filosofia,
l’azienda costituì una sua piccola flotta di BMW 320i, all’epoca
l’auto ideale per l’addestramento, vista la sua potenza massima di 125
CV. Tutte queste vetture presentavano sospensioni appositamente
regolate, un differenziale a bloccaggio limitato con un’azione di
blocco del 40 per cento, nonché un sedile avvolgente per il pilota.
Quindi il primo “team” del BMW Drive Training era certamente ben preparato.
Il curriculum del BMW Driving Training era pronto per l’uso dopo
i primi corsi di prova presso il Campo d’Aviazione Militare Manching
vicino ad Ingolstadt, quando Rauno Aaltonen firmò ufficialmente come
primo istruttore capo il 13 gennaio 1977. Infatti, Aaltonen sfruttò
non soltanto la sua esperienza in pista, ma anche l’unico libro allora
pubblicato sull’argomento: “Revolution at the Wheel” (“Rivoluzione al
volante”) – un libro esclusivo che descriveva chiaramente il corso ed
il suo curriculum e che andò esaurito nel corso di una notte. Fino ad
oggi, il “finlandese volante” ha trasmesso le sue capacità uniche ai
piloti BMW, anche se ormai da tempo egli si concentra maggiormente
sulle tematiche della sicurezza.
Fanno presto la loro apparizione: la prima BMW stradale “extra-hot”
Verso la fine degli Anni Settanta, BMW Motorsport GmbH si concentrò
quasi esclusivamente sulla costruzione di auto da corsa. La nuova BMW
320, entrata nel Gruppo 5, per esempio, continuò il grande successo
della Serie 02. Molti clienti affezionati – non soltanto piloti di
professione ma anche appassionati BMW nella vita di tutti i giorni –
cercavano l’ M Power sulle strade normali ed è per questo che nacque
la prima Serie 5 “hot” a partire dal 1974: la 530, la 533i e la 535i.
Infatti, queste vetture erano superiori alle loro gemelle di serie,
non soltanto in termini di motori, ma anche per la tecnologia
utilizzata per le sospensioni e i freni, oggetto di attenzione
particolare da parte degli ingegneri di BMW Motorsport GmbH. Berline
“regolari”, quasi “normali” a prima vista, divennero quindi le prime
quattro posti ad alte prestazioni a rivoluzionare il mondo delle auto
sportive, grazie alla loro tecnologia sofisticata. Inizialmente,
queste vetture vennero costruite e vendute soltanto in piccole
quantità; ma presto la filosofia legata alle prestazioni divenne
sempre più popolare. Alla fine del 1980, erano state vendute 895 unità
derivate dalla prima Serie 5.
La grande rivoluzione nel mondo delle auto sportive nel 1978:
la BMW M1
Il progetto successivo era orientato alla produzione della prima auto
da competizione costruita da Motorsport GmbH e non derivata da un
modello di serie: la BMW M1. Mentre BMW costruiva le componenti
tecniche, la Lamborghini era incaricata di fornire la carrozzeria ed
il telaio. Tuttavia, i problemi finanziari di Lamborghini portarono a
ritardi notevoli. Infine, venne realizzata una nuova filiera
produttiva e la costruzione della BMW M1 diventò qualcosa simile ad un
puzzle. Il telaio veniva realizzato da Marchesi, la scocca in plastica
rinforzata con fibra di vetro era realizzata dalla T.I.R, entrambe
aziende con sede a Modena. La società ItalDesign di Giorgio Giugiaro
le assemblava e provvedeva alla loro finitura interna. Le vetture
venivano quindi trasportate a Stoccarda, dove la Baur installava tutte
le componenti meccaniche.
Jochen Neerpasch, Managing Director di Motorsport GmbH, si unì a
Bernie Ecclestone e a Max Mosley per creare la Serie ProCar come gara
d’apertura nella maggiore parte dei Gran Premi europei di Formula 1
durante la stagione 1979/80.
Poiché il requisito minimo di produzione per l’omologazione nel
Gruppo 4 della FIA era di 400 unità, la bassissima M1 a motore
centrale alta appena 1,14 metri venne costruita anche come modello
stradale. La prima vettura con la famosa lettera “M” fece il suo
debutto sul mercato. Il prezzo della M1 da 277 CV era, nel 1978, di
100 mila marchi; ma la domanda superò di gran lunga l’offerta. Quando,
dopo un anno, furono completate 130 vetture, c’erano ancora più di 300
ordinazioni in attesa. Fin dall’inizio, la M1 era l’auto sportiva
stradale più veloce costruita in Germania, secondo le rilevazioni di
un’importante rivista automobilistica: in una prova condotta nel 1979,
l’M1 raggiunse una velocità massima di 264,7 km/h. “Si deve soltanto
cambiare dalla quarta alla quinta a 213 km/h e quindi accelerare a
fondo per raggiungere la massima velocità”, a giudizio dei
collaudatori. Molti clienti apprezzarono tutto ciò, come fece anche il
successivo campione mondiale di Formula 1 Alan Jones.
Eppure questo era poco rispetto alla versione da corsa:
sviluppando 470 CV, la versione ProCar aveva una velocità massima di
ben oltre 300 km/h. Fu su una di queste vetture che Niki Lauda, già
due volte vincitore del Campionato di Formula 1, fece la sua grande
apparizione nel 1979, vincendo tre delle otto gare M1 ProCar e finendo
secondo in un’altra occasione. Negli USA, le M1del Red Lobster Team
divennero presto autentiche automobili culto, eliminando tutti gli
avversari nella classe IMSA GTO.
Motivata dal grandissimo successo dell’M1 e dalla sua grande
immagine, la Motorsport GmbH decise di costruire un altro modello:
partendo dalla Serie 5 normale, gli ingegneri svilupparono e
costruirono l’M535i nel 1980, mutuando il sei cilindri due valvole
dalla 645CSi. Con la potenza di 218 CV, questa Serie 5 divenne subito
la regina della corsia di sorpasso.
La svolta in Formula 1 nel 1980: BMW crea il motore turbo per
il Campionato Mondiale
Jochen Neerpasch lasciò la Motorsport GmbH nel 1980, sostituito da Dieter Stappert che prese il posto di Direttore del Reparto Corse. Paul Rosche, a sua volta, che era stato responsabile dei motori da gara BMW fin dal 1969, fu nominato Direttore Tecnico. Fu proprio Paul Rosche che divenne il protagonista quando BMW decise, nei primi Anni Ottanta, di dimostrare il suo potenziale anche ai vertici dell’automobilismo sportivo: nell’aprile 1980, BMW annunciò ufficialmente il suo ingresso nella Formula 1, dando agli ingegneri della Motorsport GmbH il via per lo sviluppo del primo motore BMW di Formula 1. Partendo da un quattro cilindri di soli 1.500 cc di derivazione di serie, il team di specialisti con il “mago” dei motori Paul Rosche creò un propulsore di Formula 1 dalla potenza incredibile di 800 CV. Il segreto che si celava sotto queste prestazioni era costituito dall’abbinamento della tecnologia a 16 valvole con un turbocompressore, concepito per la prima volta per la Formula 1 dalla Digital Motor Electronics.
La prima auto di prova fu messa in pista dopo soltanto un anno e nel
1982 Brabham partecipò al primo Gran Premio con un motore BMW. Fin
dall’inizio, questo propulsore turbocompresso dimostrò la sua
supremazia in pista, con il trionfo più grande che avvenne nel 1983:
soltanto 630 giorni dopo il debutto del motore BMW di Formula 1, il
pilota brasiliano Nelson Piquet vinse il Campionato Mondiale al
volante di una Brabham BMW. Fino al 1987, con questa fantastica
vettura, BMW vinse un totale di 9 Gran Premi.
I motori turbo BMW M non furono destinati soltanto al team
Brabham. Anche la Arrows utilizzò motori M dal 1984 al 1986, così come
l’ATS nel 1983/84 e la Ligier nel 1987. Nel 1986, Gerhard Berger vinse
la gara in Messico con un’auto Benetton, realizzando l’ultimo trionfo
di questo motore turbocompresso. Un anno più tardi, “Road and Track”,
rivista americana dell’automobile, dimostrò le splendide performance
della Benetton B 186 con Teo Fabi al volante: spinta da 900 cavalli,
la monoposto di Fabi accelerò a 100 km/h in esattamente 4,8 secondi.
Paul Rosche era fiducioso che questo quattro cilindri sarebbe stato
capace di sviluppare in pratica molta più potenza: “sarà stata circa
di 1.400 CV, ma non conosciamo la cifra esatta dato che il dinamometro
del motore non poteva misurare oltre i 1.280 CV”.
Nel 1983 un altro importante evento avvenne quasi in sordina: la
BMW Motorsport GmbH assunse ulteriori funzioni e responsabilità quando
fu trasformata in un’azienda orientata alle performance. Di
conseguenza, il numero di dipendenti della sussidiaria di grande
successo della BMW fu ora portato a 380; ulteriori importanti
responsabilità come organizzazione di sport motoristici,
amministrazione e officine furono aggiunte allo sviluppo, al design e
alle avanzate prove di prodotto BMW. Ciò portò alla realizzazione di
singoli centri di sviluppo per tecnologie di motori e di sospensioni
per dare impulso a queste attività. Inoltre, nel suo rapporto con i
clienti, la Motorsport GmbH stava già offrendo da tempo molto più che
una sofisticata tecnologia “soltanto” automobilistica e la vendita di
accessori, tanto più che il desiderio crescente di clienti esigenti
per auto costruite su misura e personalizzate già incideva su una
quota significativa delle vendite.
Il sei cilindri BMW M1 montato anche su auto di serie: la M5 e
la M635CSi
Nel 1984, la Motorsport GmbH colpì ancora, specialmente tutti gli
appassionati di auto sportive ad alte prestazioni: il sei cilindri in
linea con quattro valvole dagli alti regimi originariamente presente
sulla M1 fece la sua apparizione sulla M635CSi Coupé e sull’M5. L’M5
in particolare, costruita in Preussenstrasse, divenne presto una
leggenda nel mondo dei motori: l’M5 era un vero “lupo vestito da
pecora”, con una potenza di 286 CV che superava per quasi tre volte
quella della 518i. Mentre a prima vista l’M5 poteva difficilmente
essere distinguibile dalla sua gemella di serie, la sua velocità
massima di 245 km/h sorprendeva molti guidatori di grandi berline e di
auto sportive quando l’M5 li lasciava al palo, nonostante tutti i loro
sforzi di tenere il suo passo. Nacque così il termine “Executive Express”.
1986: Il debutto dell’M3, la touring car di maggiore successo
di sempre
Dopo aver completato le sue attività nella Formula 1, la Motorsport
GmbH concentrò tutte le sue energie sulle gare per auto touring. Nel
1986 ciò portò alla nascita della BMW M3, una berlina sportiva
compatta a due porte che rappresentava il primo sviluppo parallelo
della BMW nella produzione in serie e nello sport motoristico: la
versione stradale, che richiedeva una produzione di almeno 5 mila
unità nel giro di un anno per l’omologazione come auto turismo, era
fin dall’inizio concepita per le gare e allestita in tutti i sensi per
rispettare i regolamenti del Gruppo A. Poiché gli impianti in
Preussenstrasse non erano in grado di gestire l’enormità dei compiti
richiesti, la Motorsport GmbH si trasferì nella sua seconda sede di
Garching, un sobborgo di Monaco, nel 1986.
Il risultato fu un grande successo per BMW sotto ogni punto di
vista. Fin dall’inizio, l’auto da corsa di colore bianco brillante
nella livrea BMW Motorsport portò a casa, in rapida successione,
vittorie, trofei e titoli: nel 1987, il pilota italiano Roberto
Ravaglia vinse il Campionato Mondiale Touring Car al volante di una
BMW M3.
Sviluppando una potenza massima di 195 CV con il suo motore
quattro cilindri e 16 valvole, con convertitore catalitico di serie,
questa berlina dalle alte prestazioni divenne da quel momento il
benchmark nel mondo dello sport motoristico.
Nei successivi cinque anni, l’M3 fu leader incontrastata sulla
scena internazionale delle auto touring, portando a casa due
Campionati Europei Touring Car, la vittoria nel Campionato Tedesco
Touring Car (DTM) per due volte, nonché un gran numero di altri eventi
e campionati internazionali, diventando così l’auto touring di
maggiore successo.
L’M3 ebbe altrettanto successo come auto stradale per i clienti,
raggiungendo un volume di vendite che nessuno si sarebbe aspettato: le
vendite della prima BMW M3 raggiunsero più di 17.970 unità, compresi
600 modelli M3 Sportevolution da 2,5 litri, nonché 763 M3 cabrio
costruite a mano. L’M3 dimostrò anche che le prestazioni sportive e le
esigenze della protezione ambientale non sarebbero state
necessariamente in contraddizione fra loro, in quanto l’M3 offriva uno
standard di economia di consumi senza eguali, considerando la sua
potenza e le sue prestazioni.
Un nuovo mercato: anche la seconda M5 concepita come touring car
Nel 1988 l’M5 entrò nella seconda generazione, con un motore sei
cilindri originariamente da 3,6 litri e successivamente da 3,8 litri,
con la potenza che aumentava prima a 315 e poi a 340 CV. Un altro
cambiamento era costituito dal fatto che i motori non portavano più la
sigla “M” nel loro codice interno di produzione, ma piuttosto una “S”
che, da allora in poi, stava a significare l’origine dei propulsori
BMW Motorsport GmbH. Il cliente era in grado di determinare subito la
differenza, poiché le lettere “BMW” venivano ora sostituite con “M
Power” sul coperchio delle valvole, proprio come sull’M3 quattro
cilindri. La M5 veniva inizialmente introdotta come berlina e poi,
all’inizio del 1992, come touring, per creare una sintesi unica di
auto sportiva purosangue e veicolo sofisticato da trasporto.
Quando la successiva Serie 3 era pronta per fare il suo debutto
nel 1990, Motorsport GmbH stava lavorando alla nuova BMW M3, che fu
lanciata sul mercato nel 1992. La nuova vettura non era più dotata di
spoiler vistosi e di passaruote allargati come quella che l’aveva
preceduta. Piuttosto, la nuova M3, seguendo la tendenza del momento,
presentava un look più discreto ed era riconoscibile per gli
intenditori soltanto grazie a dettagli specifici, uno dei quali,
naturalmente, era costituito dal rombo inconfondibile generato dal
motore sei cilindri quattro valvole da tre litri che sviluppava la
potenza massima di 286 CV. Questo M3 sei cilindri era anche il primo
motore di BMW con fasatura variabile delle valvole VANOS, un sistema
regolabile all’infinito che varia l’albero a camme di aspirazione a
seconda della richiesta. Questo sistema, brevettato dalla BMW M,
aumenta la coppia soprattutto a regimi di motore bassi e medi.
Un’altra caratteristica particolare di questa vettura, vista per
la prima volta, era costituita dall’introduzione di un sistema di
gestione del motore sviluppato da BMW con una capacità di 20 milioni
di istruzioni al secondo.
L’Auto del Secolo: la seconda generazione della BMW M3
Sia i clienti sia i media hanno amato questa M3 fin dalla sua
nascita. Le ordinazioni arrivarono immediatamente in gran numero ed i
primi titoli e premi erano solo dietro l’angolo. I lettori di “Sport
Auto”, la rivista tedesca dei motori la nominò la più agile delle BMW
Serie 3, “Auto dell’Anno” non meno di due volte di seguito. In
Francia, “Auto Plus”, dopo un confronto con altri modelli di fascia
alta, scelse la M3 addirittura come “Auto del Secolo”. E subito dopo
essere stata lanciata negli Stati Uniti, i Responsabili di “Automobile
Magazine” conferirono all’M3 il premio come “Auto dell’Anno”, la prima
volta in assoluto che questo premio veniva dato a un’auto di importazione.
Questa volta, furono comprese nella pianificazione, fin
dall’inizio, sia una cabrio sia una berlina più orientata al comfort.
Con una potenza massima di 295 CV, la M3 GT, prodotta in una piccola
serie speciale, fece schizzare in alto il benchmark delle prestazioni.
Tra il 1992 ed il 1996, la Motorsport GmbH costruì più di 85 Serie 3
quattro porte da corsa basate su questa M3, che, con Johnny Cecotto al
volante, vinse il Campionato ADAC GT nel 1993 e fu poi lanciata alla
conquista del mercato statunitense per le auto sportive. Quindi non fu
una sorpresa che in seguito la PTG M3 da 400 CV vinse il titolo IMSA
nel 1996.
L’acquirente veramente esigente era in grado di avere la sua M3,
proprio come qualsiasi altra BMW, costruita secondo i suoi desideri
personali, poiché la BMW Individual era già stata costituita dalla
Motorsport GmbH nel 1992, a completamento delle attività esistenti
dell’azienda. Interessando l’intera gamma di modelli BMW, questa
azienda specializzata soddisfa i desideri e le preferenze di
personalizzazione dei clienti, superando di gran lunga la gamma degli
optional esistenti. La domanda è particolarmente sostenuta per
verniciature insolite o per equipaggiamenti interni speciali, oltre ad
elementi singolari e a sistemi elettronici di comunicazione
professionali. Nel costituire la BMW Individual, la Motorsport GmbH
ancora una volta diventò pioniera del mercato, aprendo anche le porte
ad uno stile più personale nel mondo dell’automobile; si potrebbe dire
come standard massimo di orientamento al cliente.
Con questa nuova linea di attività che si sviluppava e si espandeva a
ritmi sostenuti, l’azienda si trovava a doversi adeguare ancora una
volta: ci voleva un nuovo nome che coprisse l’intera gamma di
attività, dato che un cliente che volesse avere personalizzata la
propria vettura dalla BMW Individual o che volesse partecipare al BMW
Driver Training, non avrebbe trovato ciò che cercava sotto il nome
esistente “Motorsport GmbH”. Allora, cosa era meglio della leggendaria
lettera “M”, definita all’interno dell’azienda come “la lettera più
potente del mondo”? Quindi, a partire dal 1° agosto 1993, l’ex
Motorsport GmbH si sarebbe chiamata BMW M GmbH.
Nel 1995, la più venduta BMW M3 fu potenziata ulteriormente,
grazie ad un processo di evoluzione ad ampio raggio. Questa potenza
extra – 321 CV con motore 3,2 litri, più di 100 CV per litro – stabilì
un nuovo benchmark per la concorrenza e fu anche accompagnata da un
ulteriore aumento della coppia. Fu utilizzata per la prima volta anche
la fasatura variabile Double VANOS, il sistema avanzato con fasatura
variabile degli alberi a camme di aspirazione e di scarico. Un altro
elemento nuovo era costituito dal cambio manuale a sei velocità di
serie per trasferire la potenza alle ruote posteriori.
Una conquista di valore mondiale nella tecnologia delle
trasmissioni: SMG
Per quanto riguarda le trasmissioni, la BMW M GmbH divenne il primo
costruttore automobilistico al mondo ad introdurre il Cambio
Sequenziale M (SMG), offrendo questa esclusiva tecnologia sull’M3.
Basato sul cambio convenzionale M3, l’SMG attiva elettroidraulicamente
la frizione quando si cambiano le marce. Quindi, da ora in poi, il
guidatore dell’M3 non deve più premere sul pedale della frizione ma è
in grado di cambiare le marce istantaneamente semplicemente tirando o
spingendo la leva del cambio su e giù di un livello. Mentre alcuni
guidatori erano un pochino scettici all’inizio, nei confronti di
questa nuova tecnologia, l’SMG sfondò subito sul mercato; e quasi ogni
altra BMW M3 era dotata di questo tipo di cambio prima della fine
della produzione.
Sempre nel 1995, un altro motore con M Power segnò un
eccezionale trionfo: si trattava del grande sei litri 12 cilindri
basato sul propulsore della 750i che portò la McLaren sportiva coperta
alla vittoria nella 24 Ore di Le Mans. La tecnologia quattro valvole
per cilindro, un albero motore in titanio ed una frizione in
alluminio, conferivano al V12 la potenza massima di oltre 600 CV.
Ancora una volta si trattava di un motore progettato e costruito da
Paul Rosche che creò, insieme al direttore della McLaren Gordon
Murray, la F1 come la più avanzata auto sportiva stradale.
Qualche anno dopo, nel 1999, la BMW festeggiò il suo più grande
successo con questo propulsore, quando il BMW V12 portò a casa la
vittoria assoluta nella leggendaria 24 Ore di Le Mans.
Ormai, tuttavia, il motore non era più un prodotto della M GmbH.
La BMW Motorsport Ltd fu costituita nel Regno Unito verso la fine del
1995, assumendo tutte le attività motoristiche di BMW. Da allora, la M
GmbH si è concentrata sui tre settori: BMW M Cars, BMW Individual e
BMW Driver Training.
Le gemelle muscolose: La M Roadster e la M Coupé
La successiva auto sportiva che sfoggiò quella simbolica “M” sul
cofano posteriore entrò poco dopo sul mercato nel 1997: la M roadster,
quale massima espressione di guida in ogni senso, era più di una
combinazione entusiasmante fra la Z3 roadster e il motore da 321 CV
dell’M3. Questo perché, all’epoca, questa esclusiva automobile era
anche la punta di diamante dello schieramento BMW roadster. L’M coupé
che seguì poco dopo la roadster era un’auto sportiva purosangue dagli
standard più elevati, anch’essa dotata del motore M3 e basata sulla M
roadster, ma con un proprio carattere. Infatti, l’M coupé unisce una
superiore agilità e prestazioni dinamiche di guida in una carrozzeria
che offre non soltanto il piacere di guidare, ma anche vantaggi
pratici nell’utilizzo quotidiano. Due sacche da golf, per esempio,
trovano posto facilmente nel bagagliaio posteriore.
1998: L’M5 con il suo motore 8 cilindri da 400 CV
Nel 1998, gli ingegneri della BMW M GmbH introdussero la terza
generazione della BMW M5, aprendo una dimensione completamente nuova
in termini di dinamiche di guida in questo settore del mercato.
Naturalmente, la discrezione era ancora una volta all’ordine del
giorno nella creazione di questo modello dalle alte prestazioni al top
della gamma della Serie 5. E’ proprio per questo motivo che soltanto
un intenditore è in grado di riconoscere la nuova M5 dall’esterno,
puntando l’occhio sulla fascia anteriore ridisegnata con l’ampia presa
d’aria, sulle larghe ruote in lega leggera e sui quattro terminali di
scarico già presenti sulla M Roadster e sulla M Coupé.
Per la prima volta, il cuore dell’M5 è un 8 cilindri totalmente
nuovo che offre il massimo in termini di potenza e di coppia: la
potenza massima è di circa 300 kW (400 CV) e la coppia massima è di
circa 500 Nm. Come il modello precedente, la nuova M5 presenta sempre
un cambio manuale ultra preciso e fluido a sei velocità.
2000: L’arrivo della terza generazione M3 con un nuovo
entusiasmante design
Nel corso degli anni, gli ingegneri della BMW M hanno stabilito gli standard non solo nella tecnologia dei motori, ma anche dei telai e delle sospensioni; per esempio, nella terza generazione dell’M3. Quando debuttò nel 2000, l’M3 presentava i freni in materiali compositi, con dischi flottanti che univano i vantaggi di una migliore dissipazione del calore e di una maggiore durata rispetto ai sistemi tradizionali. Questa nuova BMW M3 offriva qualcosa di più sotto ogni punto di vista: più potenza, più prestazioni, più stile esclusivo. Parlando semplicemente di fatti e di cifre, ciò significava 343 CV, 365 Nm ed accelerazione da 0 a 100 km/h in 5,2 secondi. Inoltre, al contrario del modello precedente, la nuova M3, ancora una volta, esprimeva ancora meglio le sue eccezionali performance e qualità di guida, grazie ad un design veramente avvincente. Niente era cambiato per quanto riguardava la capacità dell’M3 di affrontare le situazioni stradali di ogni giorno. Rimaneva un’automobile ad alte prestazioni che continuava ad emergere come prima della classe, grazie alla combinazione di caratteristiche eccezionali.
Un anno dopo, l’M3 dismise la sua veste stradale e indossò una tuta
da corsa. L’M3 GTR si allineò sulla griglia di partenza dell’American
Le Mans Series con, per la prima volta, un motore quattro litri ad
otto cilindri sotto il cofano. L’auto da corsa con le caratteristiche
prese d’aria sul cofano e con il potente spoiler posteriore si
dimostrò superiore sulle piste degli Stati Uniti e vinse il Campionato
nella Classe GT – un premio appropriato per festeggiare il 30°
anniversario della M GmbH nel 2002.
2003: la resurrezione della CSL
Festeggiamenti in tipico stile BMW: con lo sviluppo di un’auto molto
speciale, l’M3 CSL. Le tre lettere stavano a significare “Coupé
Sportivo Leggero” e questo, in pratica, diceva tutto. Il tetto, la
console centrale e i pannelli delle portiere erano realizzati in
plastica rinforzata con fibra di carbonio; il lunotto posteriore era
più leggero e numerosi elementi nati per fornire maggior comfort
venivano semplicemente eliminati. Mossa dal motore portato a 360 CV,
la CSL era un’ auto dalle performance supreme nelle curve più strette
che forniva una prova impressionante di questa sua capacità. Nei giri
di prova, la vettura percorreva il North Loop del Nürburgring in 7
minuti e 50 secondi, tempo che era eccezionale per questa classe di
auto. Nel 2003, la CSL veniva lanciata sul mercato e tutte le 1.383
unità prodotte furono vendute nel giro di pochi mesi.
Nel frattempo, l’M3 GTR veniva riposta nei garage, non potendo
più competere, poiché i regolamenti statunitensi erano stati cambiati.
Tuttavia, la Serie 3 spinta da un motore otto cilindri era
troppo giovane e competitiva per essere mandata in pensione. Fu
modificata e preparata per gare di endurance sul circuito del
Nürburgring. Il successo fu incredibile. Nel 2004, l’M3 GTR festeggiò
una spettacolare vittoria, conquistando il primo e il secondo posto
alla 24 Ore dell’Eifel – ripetendo l’exploit l’anno successivo.
2004: l’M5 e l’M6 con il dieci cilindri
Dall’inizio del nuovo millennio, non è passato un anno senza che una
vettura M abbia fatto notizia. Nell’autunno del 2004, la nuova M5 si
faceva sentire dopo che il modello precedente aveva superato la
barriera delle 20.000 unità costruite. Quest’automobile, la più
aristocratica fra le vetture della Serie 5, era la più potente mai
realizzata: cinque litri di cilindrata, dieci cilindri, 507 CV di
potenza, 520 Nm e regimi che superavano la barriera degli 8.000 giri.
Questi dati mettevano in evidenza la separazione tra l’auto destinata
all’uso stradale e quella per le gare in un modo che nessuno aveva mai
visto prima.
Ancora una volta, le performance della quarta generazione
dell’M5 stabilivano il benchmark nel segmento delle potenti berline
sportive. La potenza era aumentata di oltre il 25 per cento, rispetto
a quella precedente, ad otto cilindri; l’M5, infatti, superava la
soglia magica dei 100 CV/litro. La sua potenza specifica era quindi al
livello dello sport motoristico. L’interazione del motore V10 ed il
cambio a sette velocità SMG permetteva prestazioni che superavano di
gran lunga quelle di altre berline di serie. L’accelerazione da 0 a
100 km/ richiedeva appena 4,7 secondi e l’ago del tachimetro arrivava
a 200 km/h dopo circa 15 secondi. In genere, la velocità era limitata
elettronicamente a 250 km/h.
L’M6 seguì dopo pochi mesi con lo stesso motore. Il telaio
poteva essere regolato per mezzo di un pulsante e, come l’M3 CSL, la
grande coupé aveva un tetto realizzato in fibra di carbonio.
Naturalmente, l’M6 poteva essere più veloce dei 250 km/h limitati
dall’azienda. La BMW quindi offriva un incremento nella velocità
massima accompagnato dall’addestramento dei guidatori su un circuito chiuso.
Nel 2006, la M GmbH allargò il suo portafoglio di prodotti,
realizzando una nuova generazione di auto sportive con la nascita
della BMW Z4. La Z4 M Roadster e la Z4 M Coupé erano dotate del
formidabile sei cilindri da 343 CV derivato dall’M3 che spingeva le
due posti fino a 250 km/h.
Una dozzina di auto da gara ufficiali vennero create sulla base
della coupé. Esse erano spinte da un sei cilindri portato a 430 CV e,
generalmente, battevano la concorrenza in pista. Undici delle sedici
gare nel Campionato VLN Endurance di Nürburgring andarono alle Z4
Coupé nel 2009 e nel 2010. A partire dal 2010, il modello successivo
fu chiamato Z4 GT3, una versione da gara dell’attuale Z4 Roadster con
un motore otto cilindri 4,4 litri per gli amanti dello sport motoristico.
2007: la prima BMW M3 con otto cilindri
Dopo 15 anni, nel 2007, un nuovo motore montato sulla nuova
generazione di M3 sostituì l’eccezionale sei cilindri in linea che
aveva vinto per diverse volte il premio “Motore dell’Anno”. Per la
prima volta, fu realizzato un motore otto cilindri per la coupé e per
la berlina che venne lanciata poco dopo. Il nuovo motore V8 generava
una potenza di 420 CV con una cilindrata di 3.999 cc. Circa l’85 per
cento della coppia massima di 400 Nm era disponibile a un regime di
6.500 giri/min. La potenza fu trasferita alle ruote posteriori
mediante un cambio manuale a sei velocità e ad un differenziale
completamente nuovo sull’assale posteriore. Per la coupé, in
particolare, gli ingegneri di design ancora una volta utilizzarono una
struttura leggera. Le esperienze positive con altri modelli M
portarono alla realizzazione del tetto in plastica rinforzata con
fibra di carbonio e alla creazione del cofano motore in alluminio.
Tre decenni dopo l’inizio della produzione del primo modello di
serie, la BMW M GmbH aveva consegnato, nel 2008, il 300.000° veicolo.
Nel frattempo, il portafoglio veicoli della BMW M GmbH si era ampliato
a nove modelli. Le automobili montavano motori che derivavano le loro
caratteristiche esclusive dallo sviluppo degli alti regimi: sei
cilindri in linea con 343 CV sulla BMW Z4 M Roadster e sulla BMW Z4 M
Coupé; motori V10 con 507 CV sulla BMW M5 e sulla nuova BMW M5
Touring, nonché sulla BMW M6 Coupé e sulla BMW M6 Cabrio. La M GmbH ha
anche fatto registrare una significativa crescita nella vendita di
pacchetti sportivi, resi disponibili, nel frattempo, per i modelli
della BMW Serie 1, della BMW Serie 3, della Serie 5 e della BMW Serie
6, nonché per la BMW X3 e per la BMW X5.
2009: Il turbo ritorna con i muscoli come propulsori del futuro
Ciò significava naturalmente che ora l’espansione stava davvero
iniziando a decollare. Il carattere ad elevate prestazioni delle
automobili prodotte dalla BMW M GmbH veniva trasferito innanzitutto
sul segmento dei modelli BMW X, con la BMW X5 M e la BMW X6 M nel
2009. Lo sviluppo portava ad un nuovo motore V8 di eccezionali
performance, le cui caratteristiche venivano concepite su misura per
la natura dei due modelli. Il motore M da 555 CV con TwinPower Turbo
era il primo propulsore del mondo a presentare un collettore di
scarico che sormontava la fila dei cilindri ed una tecnologia Twin
Scroll Twin Turbo. Il turbocompressore e i convertitori catalitici
erano posizionati nello spazio a “V” tra le fila dei cilindri. Questa
configurazione produceva la risposta spontanea tipica dei motori M e
sviluppava una potenza lineare, permettendo inoltre un uniforme
sviluppo della coppia.
Quello stesso anno, la BMW M GmbH sviluppava un’auto
estremamente atletica basata sulla BMW M3 Coupé per clienti che
avevano esigenze particolari per quanto riguardava le caratteristiche
prestazionali dei propri veicoli. Il modello era anche adatto per le
corse in gare sportive di club. La BMW M3 GTS veniva costruita negli
stabilimenti di produzione della BMW M GmbH esclusivamente su
richiesta dei clienti. Le modifiche orientate all’utilizzo sportivo
comprendevano la tecnologia della trasmissione e del telaio, nonché la
carrozzeria e gli interni. I princìpi di design ed i dettagli tecnici
derivati direttamente dallo sport motoristico definivano il motore
otto cilindri con una cilindrata portata a 4,4 litri ed una potenza
aumentata a circa 450 CV.
Oggi: un’azienda molto focalizzata sulle performance elevate
Alla fine del 2010, la M GmbH ampliava di nuovo la sua gamma di
prodotti, presentando la Serie 1 Coupé, un’auto da 340 CV nella classe
compatta. Il sei cilindri in linea con M TwinPower Turbo ed iniezione
diretta di benzina non doveva fare fatica con un veicolo così leggero
e muscoloso; ovvio, visto il rapporto potenza/peso di appena 4,4 kg
per CV. Pochi mesi più tardi, usciva la nuova M5, con un otto cilindri
turbo di nuova concezione con 560 CV ed una velocità massima che
arrivava a 305 km/h.
La M diventa diesel
Quarant’anni dopo aver gettato le fondamenta della M GmbH, gli esperti della guida sportiva hanno rivolto la loro attenzione ad un nuovo progetto: la BMW M Performance Automobile rappresenta l’ampliamento della gamma di modelli con una chiara focalizzazione sulle prestazioni atletiche e potenzialità su strada senza limiti, nonché su un’elevata efficienza. La nuova categoria di prodotti è stata lanciata con quattro modelli: la BMW M550d xDrive Berlina, la BMW M550d xDrive Touring, la BMW X5 M50d e la BMW X6 M50d. Il cuore di queste vetture è un nuovo sei cilindri in linea diesel sviluppato con tre turbocompressori e con una potenza di 381 CV e realizzato esclusivamente per le automobili BMW M Performance.
Il BMW Group
Il BMW Group, con i marchi BMW, MINI, Husqvarna Motorcycles e
Rolls-Royce, è uno dei costruttori di automobili e motociclette di
maggior successo nel mondo. Essendo un’azienda globale, il BMW Group
dispone di 29 stabilimenti di produzione dislocati in 14 paesi e di
una rete di vendita diffusa in più di 140 nazioni.
Il BMW Group ha raggiunto nel 2011 volumi di vendita di 1,67
milioni di automobili e oltre 113.000 motociclette nel mondo. I
profitti lordi per il 2011 sono stati di 7,38 miliardi di Euro, il
fatturato è stato di 68,82 miliardi di Euro. La forza lavoro del BMW
Group al 31 dicembre 2011 era di circa 100.000 associati.
Il successo del BMW Group è fondato su una visione responsabile
e di lungo periodo. Per questo motivo, l’azienda ha sempre adottato
una filosofia fondata sulla eco-compatibilità e sulla sostenibilità
all’interno dell’intera catena di valore, includendo la responsabilità
sui prodotti e un chiaro impegno nell’utilizzo responsabile delle
risorse. In virtù di questo impegno, negli ultimi sette anni, il BMW
Group è stato riconosciuto come leader di settore nel Dow Jones
Sustainability Index.
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